Sud 30mila nuove imprese – Bene Campania e Puglia

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Politiche di sviluppo: Presentato a Bari il Rapporto «Pmi Mezzogiorno 2016» elaborato da Confindustria e Cerved.
Migliorano gli indicatori ma restano i nodi strutturali – Bene Campania e Puglia
Al Sud 30mila nuove imprese nate nel 2015, tutte di piccola e media dimensione e quasi tutte fortemente innovative. Il rapporto “Pmi Mezzogiorno 2016” di Confindustria e Cerved, presentato ieri a Bari , è molto chiaro: nel 2015 sono finalmente terminate le chiusure di aziende con tassi a due cifre ed è sceso il numero dei fallimenti (del 23% nel biennio 2014/2015, per la prima volta dal 2007) e le nuove imprese sono state quasi 30.500.
Secondo le previsioni il miglioramento dei principali indicatori economici dovrebbe proseguire per tutto il 2016 con il fatturato in crescita del 2,8%, il valore aggiunto del 4,1%, i margini (Mol +6,7%) e la redditività del capitale investito, il Roe al 6,4%, contro il 5,6% del 2013. E per l’anno prossimo? «Secondo le nostre stime entro il 2017 ci aspettiamo per le Pmi del Sud – spiega il direttore marketing di Cerved, Valerio Momoni – una crescita sia del fatturato (+3,1%), che del valore aggiunto (+4,4%), dei margini (+7,1%) e della redditività del capitale proprio investito (+6,8%)».Secondo lo studio a favorire la crescita delle newco è stata soprattutto l’introduzione delle srl semplificate. Così sono nate così quasi 30.500 imprese di capitali, 1.200 delle quali iscritte al registro delle startup innovative, un quinto del totale nazionale.
La ripartenza interessa le Pmi di tutte le regioni meridionali, con in testa Campania e Puglia. Anzi la prima è stata l’unica regione nella quale le imprese hanno fatto registrare investimenti maggiori rispetto al 2009, passando dal 6,8% all’8,3%,contro la media meridionale scesa, nello stesso periodo, dal 7,2% al 6,6%. La quota più bassa è stata delle imprese calabresi: 3,2% nel 2014 rispetto all’11,8% del 2009.
Anche se proporzionalmente meno della media nazionale, pure al Sud ci sono imprese eccellenti con fatturato cresciuto in condizioni di piena salute finanziaria, ed imprese gazzelle, quasi 700 aziende che, tra il 2007 e il 2014, hanno raddoppiato il loro giro di affari. La crisi insomma ha selezionato al Sud le imprese economicamente e finanziariamente più deboli costringendo quelle “sopravvissute” a ristrutturarsi generando, in misura diversa regione per regione e settore per settore, un miglioramento complessivo della loro competitività. Punto critico la vulnerabilità finanziaria legata alla forte dipendenza dalle banche: la dinamica dei tassi di ingresso in sofferenza però è in frenata, ferma al 5,1%, (due punti più della media nazionale) con un’ulteriore riduzione, al 4%, prevista per il 2017.
Le politiche del credito sono decisive. Per questo il presidente di Confindustria Bari-Bat, Domenico De Bartolomeo, ha chiesto di «rafforzare ulteriormente, come emerge dal rapporto, gli strumenti di sostegno al credito e le soluzioni di finanza alternativa». Oltre agli incentivi destinati ai costi produttivi. Sul punto Francesco Boccia, presidente della commissione Bilancio della Camera, ha proposto «di utilizzare uno dei 3 miliardi di risorse Ue non spese dalle regioni del Sud nel periodo 2007/2013 per il Mezzogiorno, e in particolare per la decontribuzione sul lavoro nel 2017».
Dal rapporto, curato con la collaborazione di Srm-Studi e Ricerche per il Mezzogiorno, emerge dunque un tessuto imprenditoriale in fase di transizione, più robusto, che si muove in un clima economico più sereno, per quanto i livelli pre-crisi sono ancora lontani, e quindi “vitale” per dirla con Marco Gay, presidente dei Giovani imprenditori di confindustria. «Tra le prime 10 province italiane per presenza di aziende giovanili, 6 sono nel Sud. Per questo- ha detto – non è un caso che Apple abbia deciso di costruire proprio a Bagnoli il primo centro di ricerca per le app in Europa».
Resta la “tara” storica del tessuto imprenditoriale meridionale, e cioè la frammentazione: su 1,6 milioni di imprese attive l’89,9% non supera infatti i 9 addetti e le 270 mila società di capitali esistenti sono per lo più di piccolissima dimensione. Resta tuttavia il dato finale: “Le Pmi meridionali e pugliesi migliorano, anche se lentamente – ha detto Alessandro Laterza, vicepresidente di Confindustria. E sui rapporti con il mondo del credito potremmo anche impiegare i fondi Ue».
Fonte il Sole 24 Ore

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